Espressioni come analfabeta funzionale e analfabeta di ritorno, fino a qualche anno fa, non erano così conosciute e diffuse.
Oggi sono invece sulla bocca di tutti, popolari nei social e nei talk show televisivi, specie a stampo politico. Avrai notato il loro utilizzo per denigrare l’avversario (o il suo elettorato) durante una discussione:
Siete tutti analfabeti funzionali, non sapete leggere, siete ignoranti, vi fate manipolare, non capite i testi e credete alle bufale scritte dal primo complottaro che passa…
Niente di nuovo, no?
Ma perché proprio oggi si parla di analfabetismo funzionale?
Non è forse il periodo storico migliore per istruirsi, data la disponibilità di informazioni e la facilità con cui reperirle?
Analfabeti funzionali, di ritorno e digitali
Iniziamo con qualche definizione.
L’analfabeta è colui il quale non è alfabetizzato, non possiede perciò le competenze per leggere e scrivere.
L’analfabeta funzionale, diversamente, è qualcuno che ha queste capacità, ma di fronte a un testo, soprattutto se complesso, non ne capisce il contenuto, afferrando solamente qualche concetto qua e là.
L’analfabeta di ritorno, molto simile, è chi ha perso le abilità di lettura e comprensione (sì, si possono perdere) ed è appunto divenuto analfabeta funzionale.
Ultimo caso infine, è quello dell’analfabeta digitale, ovvero quella persona che non comprende il linguaggio digitale, non riuscendo a capire i social, i motori di ricerca, le mail e tutti gli strumenti di comunicazione che ne fanno parte.
Digitale: non un contenitore di testi, ma un linguaggio
Tra i vari tipi di analfabetismo, forse quello digitale potrebbe sembrarti meno importante o addirittura fuori tema. Che cosa c’entra il mondo degli smartphone, dei computer e di internet, se è solo un contenitore di testi?
Se la gente non capisce, non siamo di fronte ad analfabeti funzionali e basta?
La risposta, in parte, è sì, poiché come detto, chi generalmente non comprende un testo ricade sotto questa definizione; ma dall’altra è anche no, perché il termine analfabeta digitale esiste per la necessità di classificare fenomeni specifici e perciò comprenderli meglio.
È importante capire che il digitale non è un semplice raccoglitore di contenuti, ma un vero e proprio modo di comunicare, con un linguaggio molto specifico.
L’uomo non è fatto per leggere
Tornando invece alla lettura, questa è un’attività strettamente legata a un supporto tecnologico. Dalla roccia alla tavoletta di cera, dai papiri alla carta, dai giornali agli schermi, c’è sempre un elemento costruito ad hoc che ti permette di leggere.
Questo perché, come sottolinea la psicologa comportamentale Susan M. Weinschenk, leggere non è affatto un’attività naturale al pari di ascoltare, osservare, assaporare.
Richiede uno sviluppo tecnico e soprattutto un profondo sforzo mentale.
In poche parole:
ogni cervello deve imparare a leggere.
Il cervello inoltre cambia durante la lettura, tanto che l’attività cerebrale, come indica Maryanne Wolf, si manifesta anche in aree destinate alla parola, alla gestualità o al riconoscimento delle forme.
Tipi di lettura e di non lettura
Ci sono poi differenti modi di leggere.
L’attività cerebrale di quando leggi con attenzione un romanzo o un saggio, è ben diversa da quella di quando sfogli un giornale o un articolo online. Esiste infatti una distinzione tra:
- leggere, che prevede appunto una lettura profonda accompagnata da pensieri, ragionamenti e collegamenti tra idee ed esperienze
- sfogliare o scorrere, esperienze diverse, meno attente e durature e soprattutto, meno incisive a livello mnemonico
La maggior parte dei contenuti del mondo digitale è progettata per la seconda modalità e, spesso anche quando non è così, viene affrontata con lo sfogliare e scorrere.
Io per esempio spero che tu stia leggendo questo articolo, ma sono cosciente del fatto che molto probabilmente stai non leggendo, ovvero scrollando abbastanza rapidamente per farti un’idea generale di quanto è scritto.
Se il testo è difficile apprendi di più, ma quando è facile…
Potresti pensare che un testo più fruibile sia più semplice da apprendere. Una grande regola del web, non a caso, è semplificare, rendere i testi comprensibili e più corti.
Si cerca insomma di ridurre il carico cognitivo.
Connor Diemand-Yuman ci viene in soccorso con due termini assolutamente azzeccati, ovvero:
- disfluenza, cioè la sensazione che qualcosa sia difficile da imparare
- fluenza, ovvero l’esatto opposto
La sua scoperta, piuttosto contro intuitiva, mostra come la percezione di difficoltà di fronte a un testo, aiuti ad affrontarlo con più attenzione, elaborando le informazioni più approfonditamente e astrattamente. Non avendo familiarità con ciò che leggi, fai uno sforzo maggiore, ma ricordi meglio e più a lungo.
Quando invece la percezione ti fa sentire a tuo agio, il falso senso di sicurezza non ti focalizza su quanto hai di fronte, facendoti capire meno e scordare più in fretta.
Interessante notare come ciò avvenga non soltanto a causa del contenuto, ma anche del formato, e in particolare del tipo di font utilizzato. Più è “fastidioso” da leggere, meglio lo si impara.
Internet crea analfabeti
Perché proprio oggi si parla di analfabetismo funzionale?
Una delle ragioni può essere proprio la semplificazione dei contenuti che trovi su internet, disponibili in quantità e velocità mai viste prima e per questo veicolate in formati utili a un consumo costante e rapido.
Se è vero che leggere è un’azione innaturale e sforzata, e se è vero che lo scorrere e sfogliare sta diventando la consuetudine, allora non può stupire la tendenza all’analfabetismo funzionale o di ritorno.
Le nuove generazioni approcciano fin da subito a un linguaggio per lo più semplificato, faticando con la “lettura classica”. Le vecchie invece, rimanendo quasi ed esclusivamente sul web, non allenano le proprie abilità di lettura, disimparandole.
Internet crea analfabeti?
Sarebbe stupido dare la colpa a un mezzo tanto versatile e potente. Utile, invece, utilizzarlo in maniera più consapevole, superando la fitta coltre di (attraenti) banalità che scrolliamo ogni giorno per godere di possibilità impensabili fino a neppure dieci anni fa.
Letture consigliate
100 nuove cose che il designer deve sapere sulle persone, di Susan M. Weinschenk
Critica portatile al visual design, di Riccardo Falcinelli
Analfabetismo funzionale, 1 italiano su 4, di Investireoggi.it
Effects of disfluency on educational outcomes, di Connor Diemand-Yauman, Daniel M. Oppenheimer, Erikka B. Vaughan
Ehi, c’è anche il video!
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Moz-
Ciao Mozzo!
Da parte di chi crea contenuti senz’altro! 😉