Il proliferare di teorie del complotto e bufale in momenti di crisi non è un fenomeno inusuale.
Alla base di tutto c’è infatti l’incertezza, che crea un disagio dato dalla difficile comprensione degli eventi. L’ambiguità è il nodo da sciogliere e per farlo puoi:
- darti da fare e ottenere conoscenze e competenze adeguate (livello di difficoltà: very hard)
- oppure affidarti a un esperto che ti guidi verso la risoluzione dei tuoi dubbi (molto meglio)
Quando l’ambiguità riguarda un tema banale è più semplice percorrere la prima strada.
Se invece si parla di fenomeni complessi e vasti (tipici delle grandi crisi), ecco che l’affidamento a terzi è indispensabile. In questo caso allora eserciti un ragionamento logico per valutare la valenza della soluzione proposta.
È proprio questo però il punto in cui potresti imbatterti in una soluzione sbagliata, falsa o mistificatoria.
Le domande che sorgono spontanee quindi sono:
- come distinguo una narrazione attendibile da una che non lo è?
- perché le cosiddette teorie del complotto, nonostante non siano affidabili, sembrano spopolare?
Il bisogno di coerenza e il cecchino texano
Tu, sì, proprio tu, aderisci o meno a un certo tipo di narrazione a seconda di quanto riesca a soddisfare il tuo bisogno di chiarezza.
Ok, capita a tutti, niente paura.
Il livello di tolleranza verso l’ambiguità però, pur essendo visibile nell’aumento dell’attività dell’amigdala (la parte del cervello che elabora le emozioni, soprattutto la paura) è soggettivo, e le persone particolarmente sensibili sono anche quelle più suggestionabili.
- La ricerca di un senso perciò, non sempre va a braccetto con la lucidità, e questo è uno dei motivi per cui grandi storie a forte impatto emotivo riescono a imporsi. Qui se vuoi c’è un approfondimento sullo scontro storie vs dati.
- Similmente, anche se riesci ad affrontare l’ambiguità con piglio razionale, non sempre trovi narrazioni con fact checking rigorosi. Che siano create in buonafede o meno, mantengono una struttura logica che ti soddisfa, rimanendo però fallaci nel descrivere la realtà delle situazioni.
La storiella del cecchino texano spiega bene quest’ultimo punto.
Il nostro caro amico, sfidato in una prova di abilità, spara a casaccio verso la facciata della sua stalla. Soltanto dopo andrà a dipingere il bersaglio, mostrando come i suoi colpi siano andati perfettamente a segno.
Applicato alla realtà, la fallacia del cecchino texano spiega il comportamento secondo cui ricerchiamo una coerenza collegando dati che tra loro sembrano supportare le nostre ipotesi. L’inganno però, sta nel fatto che ne ignoriamo molti altri, non solo perché non abbiamo le competenze per elaborarli, ma addirittura perché non riusciamo a notarli.
La struttura narrativa del complotto
Ora però non vorrei che pensassi che bufale e teorie del complotto siano irrazionali e prive di ogni logica. In verità è vero il contrario.
Il motivo è che le buone storie (per quanto basate su dati sbagliati, manipolati o inventati) sono coerenti con sé stesse, e di fronte a una realtà esterna che non si ha voglia di analizzare tanto basta.
Utilizzando i punti di forza dello storytelling vengono create narrazioni che sfruttano le emozioni più potenti, una tra tutte: la paura.
Oltre alle emozioni poi, si notano elementi ricorrenti che, proprio per la continua riproposizione, dovrebbero quantomeno farci suonare un campanello d’allarme (dov’è che lo già sentita ‘sta stronzata?).
Troviamo quindi:
- una verità nascosta sostituita da una fitta rete di bugie perpetrata dall’informazione mainstream e dalla cultura di massa
- un gruppo ristretto di persone che domina le nostre sorti (élite politiche, organizzazioni segrete, industrie del farmaco e poi il mio preferito: il sempreverde LORO!!1!)
- ignoti sistemi di controllo demografico (vaccini, ogm, armi di distruzione di massa, armi climatiche)
Seguendo queste strutture troviamo storie più colorite di altre, dove il grado di credibilità sta nel confronto con la realtà e i dati lì fuori. Succede quindi che panzane come il terrapiattismo vengano prese facilmente a pernacchie, ma correlazioni su vaccini e autismo siano veri e propri punti di crisi.
Le menti più pigre e disabituate all’analisi (sì, abbiamo un grave problema di analfabetismo funzionale e digitale) saranno perciò spinte a rimanere nella rivelatrice circonferenza di queste storie.
Quelle più allenate invece, cercheranno di approfondire esercitando il senso critico.
Senso critico tra oggettività e soggettività
Il senso critico gioca un ruolo cruciale nella diffusione di bufale e teorie del complotto, ma sarebbe sbagliato affermare che la diffusione di questi fenomeni sia dovuta solo a una sua interruzione. Un buon esempio di quanto dico lo si nota analizzando il nostro rapporto con le scoperte scientifiche.
I sostenitori di tesi che vanno contro l’informazione scientifica hanno spesso un senso critico molto spiccato. Di fatto, dubitando dei canali di informazione ufficiali optano per ricerche più allargate, sfruttando moltissimo internet, per esempio, e intercettando il parere di esperti (o presunti tali) in contrasto con le linee della comunità scientifica.
L’errore quindi non sarebbe quello di non porsi domande, quanto quello di ignorare il funzionamento delle scoperte scientifiche e della loro verifica, approvazione e diffusione. Ci si appoggerebbe quindi a tesi che pur seguendo un’indagine regolare non sono state validate.
Peggio ancora, invece, sarebbe basare le proprie ricerche su tesi totalmente non oggettive. Saresti perciò alla mercé di qualsiasi teoria a patto che soddisfi la tua soggettiva esigenza di chiarezza, finendo col sostenere tutto e il contrario di tutto.
Il ruolo della scienza e lo scienziato solitario
Ma facciamo che mi fido della scienza, va bene.
Se uno scienziato sostiene qualcosa di non comprovato dal resto della comunità scientifica, sbaglio a seguirlo? Si tratta pur sempre di una persona che ha studiato, no?
Il metodo scientifico, o la scienza che dir si voglia, è sì come gli altri un modo (fallibile) di interpretare e descrivere lo stato delle cose, ma è l’unico capace di accumulare conoscenza e di correggersi, spiegando sempre meglio un problema e risolvendolo.
Il risultato non è una verità assoluta, ma il miglior modello per descrivere un certo fatto.
Motore di questo progresso è anche la peer review, o revisione dei pari, un sistema comunitario tra scienziati in grado di convalidare ogni nuova tesi nel modo più razionale possibile.
Rispondere alla domanda iniziale, quindi, è abbastanza semplice.
Se sei una persona logica e razionale saprai anche che affidarsi allo scienziato che va contro la comunità scientifica aumenta la probabilità di farti credere a una teoria sbagliata.
Non bisogna dimenticare poi che, per quanto sia impressionante un curriculum, si ha sempre a che fare con una persona, fatta credenze, pregi, opinioni, paranoie ed errori. Anche il singolo scienziato, insomma, può sbagliare.
Il ruolo del giornalismo e il debunking aggressivo
Molte narrazioni, per la grande attinenza con la quotidianità e il forte sentimento che suscitano, proliferano incontrollate soprattutto in rete.
Tra le più note: l’11 settembre, l’allunaggio, la morte di Michael Jackson e moltissime altre star, il 5g e la salute…
Nel diffonderle i social giocano un ruolo importantissimo, potenziando il classico passaparola oltre i confini della palazzina o del quartiere. L’effetto delle echo cambers inoltre, aumenta la sensazione che tutti la pensino come te, accrescendo sicurezza di sé e frustrazione nel momento del confronto fuori dalla bolla.
Di fronte a questi fenomeni il giornalismo non sempre è risolutivo.
Non di rado i debunker (gli sbugiardatori di bufale) non si curano dell‘effetto Ritorno di Fiamma e di altri importanti bias cognitivi, e presentare male la verità non fa altro che rafforzare le impressioni preesistenti.
Altro punto critico poi, è la convenienza economica nel come e quali notizie trattare, tanto che i dubbi, anche quelli più ragionevoli, rischiano di venir facilmente bollati come credenze stupide e quindi ignorati.
Certo non è questa la tendenza generale, ma in un sistema in cui la complessità ci sovrasta l’informazione corretta è l’unica chiave per prendere decisioni adeguate. E questa chiave, che lo si voglia o no, serve alla maggioranza delle persone. Una maggioranza incapace di capire ciò che legge e di distinguere una notizia da una pubblicità.
Una maggioranza quindi manipolabile, per esempio con bufale e teorie del complotto, ma che poi vota, cambiando le sorti di tutti.
Letture consigliate
Non credo alla scienza! scrisse da uno smartphone, dal mio blog CervelloBacato
Comunicare la verità, dal mio blog LinkedIn
Cos’è la peer review, di Sapere Scienza
Post verità: vivere, capire, scegliere, votare tra bufale e camere dell’eco, di Nuovo e utile
Valutare l’informazione in rete tra bufale, bolle e complottismo, di Nuovo e utile
Informarsi con lentezza: Sette lezioni di buon giornalismo contro l’infobesity, autori vari
Storia del giornalismo, di Giovanni Gozzini
Trappole Mentali, di Matteo Motterlini
Gli 8 motivi che spingono alcune persone a credere alle bufale, di Marco Montemagno
Ehi, c’è anche il video!
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