Brand, influencer o comune utente?
Oggi chiunque può avere un seguito sui social, e il sentimento che vorremmo animasse i followers non può che essere l’ammirazione verso noi e ciò che pubblichiamo.
Il dislike, la critica e l’insulto non piacciono. Nel tuo piano per conquistare l’Instagram infatti, non prevedi uno spazio per gli haters.
Questi però ci sono e non sai mai fin dove potrebbero spingersi, mettendo in crisi te, il tuo brand o la tua azienda. Che fare quindi?
Comunemente consideri i detrattori come un peso, senza accorgerti che in realtà possono diventare una risorsa preziosa. Basterebbe tenere a mente il buon vecchio detto Non si può piacere a tutti!.
Visibilità e algoritmi, Salvini e haters
Ad oggi, nel momento in cui scrivo questo articolo, uno dei nomi più influenti a livello social è quello di Matteo Salvini. Con oltre 3 milioni di fan solo su Facebook e quasi 1 milione su Twitter, riesce a smuovere migliaia di persone per sostenerlo o criticarlo. Una delle chiavi di lettura del suo successo sta proprio qui: nell’accettare la presenza degli haters.
L’ormai famigerato algoritmo di Facebook (un villain che i film Marvel si songnano), rende più o meno evidente un post a seconda delle interazioni ricevute al momento della pubblicazione. Se amministri una pagina l’avrai notato: più like, condivisioni e commenti ricevi, più la portata del tuo post aumenta. Ci fosse scarsa interazione, le persone a cui quel post verrebbe mostrato (anche se hai centinaia di fan) rimarrebbero pochissime.
Già qui è evidente come i detrattori siano una risorsa importante per aumentare la visibilità.
La deresponsabilizzazione data da uno schermo dà loro il coraggio di criticare (o insultare) più di quanto non si farebbe in altri contesti. L’interazione ricevuta però, aumenta la portata del tuo contenuto, coi tuoi sostenitori che inizieranno a contrastare l’hater di turno e l’avvio di in un circolo virtuoso difficile da bloccare.
Reputazione e Advocacy
Certo è facile dire gli haters fanno bene prendendo un caso tanto particolare. La verità là fuori è che la maggioranza dei Brand e dei personaggi pubblici, per una reputazione social rovinata, può veder capitolare il proprio business.
Esporsi alle critiche è sempre rischioso, serve perciò studiare delle strategie per volgere a proprio favore le situazioni più complicate, trovando vie di fuga rapide quando il clima diviene insostenibile.
Ma cominciamo il nostro viaggio alla scoperta dell’utilità degli haters partendo dai concetti di Advocacy, Brand Advocacy e passaparola.
Grossomodo tutti e tre sono la stessa cosa, ma declinata in ambiti diversi. I significati più immediati sono quelli di influenza, consiglio e suggerimento. I contesti in cui agiscono vanno dalla politica al marketing, passando per le comuni relazioni interpersonali.
Il valore del passaparola oggi ha assunto un’importanza titanica, data principalmente dal contesto (digitale) in cui avviene la maggior parte della nostra comunicazione; un web 2.0 e poi 3.0 che ha regalato un confronto più facile tra utenti, brand, vip, politici e aziende.
Oggi più di ieri si intuisce come le tue scelte e i pareri siano in buona parte sostenuti dall’influenza altrui, cioè quelle opinioni che altre persone, che riconosci come pari, ti forniscono. È essenziale perciò stimolare la Brand Advocacy curando la propria reputazione.
Questione di funnel: 4A, AIDA, 5A
Nel marketing spesso si parla di funnel, l’ideale viaggio che il cliente compie prima di eseguire l’azione desiderata. Solitamente quest’azione è l’acquisto, ma puoi decidere, a seconda delle tue caratteristiche, quale sia l’obiettivo che ti interessa.
Scaricare un app, partecipare a un evento, iscriversi a una newsletter, giocare a un concorso, consigliare il tuo brand…
Nel tempo si sono susseguiti diversi modelli per interpretare sempre meglio il bisogno di analisi delle aziende.
Si è passati perciò dal modello AIDA di Elias St. Elmo Lewis, incentrato sulla persona e l’acquisto:
- Attention (attenzione)
- Interest (interesse)
- Desire (desiderio)
- Action (azione)
Alle 4 A di Derek Rucker, che considerano cosa farà il cliente dopo l’acquisto:
- Aware (attenzione)
- Attitude (opinione)
- Act (azione)
- Act Again (azione ripetuta)
Infine, proprio riconoscendo il valore dell’influenza altrui, si è giunti al modello delle 5 A, che valorizza la connettività:
- Aware (scoperta)
- Appeal (attrattiva)
- Ask (ricerca)
- Act (azione)
- Advocate (passaparola)
Far parlare di sé
Raccomandare un brand col passaparola ti espone, per questo la maggior parte dei tuoi consumatori, o fan, a seconda del contesto, è silente.
Bisogna dar loro un motivo in più per parlare con te e per te, iniziando a capire quale sia l’influenza che ha maggior presa:
- Esterna (tutto quel che raggiunge il fan tramite pubblicità e azioni marketing)
- Altrui (amici, familiari, community, gruppi, social)
- Propria (esperienza diretta)
I ragionamenti fatti finora vedono la seconda opzione come la più interessante, dato che un hater contrasta una tua opinione presentandosi come un pari con cui puoi confrontarti.
Si è già detto quindi che una gestione consapevole di questo aspetto è importante, tanto per la reputazione che ne otterrai, tanto per la visibilità che riuscirai a guadagnare.
Però, e c’è un grosso però, esiste un ultimo elemento da considerare, ovvero la tua responsabilità.
Responsabilità e deontologia dell’influencer
Prima di creare una strategia che sfrutti i contestatori è bene farsi un esame di coscienza, ricordando che è facile, in ambito social, scaldare gli animi. Da una discussione accesa alla gogna il passo è breve.
Non sai, inoltre, chi ci sia dall’altro lato dello schermo. Alcuni utenti sono consapevoli di certe dinamiche, mentre altri, più inesperti, rischiano di farsi del male.
Spesso non se ne parla, ma fenomeni come il cyberbullismo riguardano anche confronti pubblici, dove la violenza digitale non è relagata a una chat privata, bensì allargata a orde di haters pronte a prendersela con il singolo.
Che tu abbia un seguito modesto o uno enorme non fa differenza. L’educazione digitale vale per chiunque, e nel momento in cui tu sei un personaggio o un brand, dovresti ricordare che hai un’influenza sugli altri e quindi una responsabilità maggiore rispetto all’utente comune.
Salvini e la manifestante che se l’è cercata
L’ultima riflessione a riguardo riprende il personaggio citato a inizio articolo.
Il caso della ragazza che manifesta con un cartello contro Salvini, ripostata poi sulla bacheca del politico, non è già più argomento caldo.
Resta un esempio utile però perché, come in altri casi passati e sicuramente in molti che verranno, rappresenta bene i temi dell’influenza e della responsabilità digitale.
In questo caso, in merito alla gestione della propria figura, il politico ha fatto bene a riprendere il post di una contestatrice perché:
- ha preso posizione
- ha scatenato reazioni avverse e di conseguenza favorevoli
- ha aumentato la visibilità ai suoi contenuti
- ha consolidato la propria fanbase
Dal lato etico però, e questa è una mia opinione personale, ritengo che spingere consapevolmente migliaia di fan contro una singola persona, sapendo quali siano i rischi di internet, non sia sano, non sia sicuro e non sia giusto.
Ma di questo, e non solo di questo, aspetto di sapere cosa ne pensi.
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Fossi io nella tizia, oggi avrei già un libro e dieci ospitate in tv.
Bisognava sfruttare l’eco salviniana di quel gesto.
Perché appunto, lui ragiona così: e ragiona bene, a livello di comunicazione.
Gli haters funzionano perché, prima di qualunque nuova strategia e teoria, vale sempre “bene o male, purché se ne parli”. Ovviamente, poi, come dici, bisogna fare in modo di “gestire il male” riconvertendolo in positività.
Moz-