Nel prossimo film di Godzilla c’è Undici di Stranger Things.
Jude Law è un fico, non vedo l’ora di vederlo come Silente!
Ho rivisto Il Signore degli Anelli e Ned Stark ovviamente muore per primo.
Forte: Ryan Atwood adesso fa l’agente Gordon, sai… quello di Batman!
Mai sentito discorsi di questo tipo?
L’associazione tra il personaggio di un film e il suo precedente trascorso, sia come attore che a livello di vita privata, influenza in modo fortissimo la visione che ne abbiamo su schermo.
Per quanto possa sembrare irrazionale, la visione di un film, come di qualunque opera artistica, non è mai isolata, bensì condizionata da una fitta rete di collegamenti. È il concetto di opera aperta, dove i confini sono fittizi e ogni cosa ne influenza un’altra.
Il tuo non sarà mai uno sguardo disincantato, ma sempre pronto a cogliere e inventare riferimenti ad altri prodotti, codici ed esperienze; a interagire facendo parte dell’opera.
Dal cinema al visual design: tanto remix, poca originalità?
Il grande schermo è solo un pretesto per parlare più in generale di esperienza visiva.
Il mondo del visual design utilizza riferimenti culturali e norme sia per creare messaggi più efficaci e piacevoli, sia per questioni di praticità:
- Una serie, un libro, una storia, non saranno mai qualcosa di visto per la prima volta. La loro originalità risiederà nel modo in cui rimescolano elementi noti, assemblandoli in maniere inedite.
- Così come un’indicazione stradale, il progetto di un edificio o gli orari dei treni, utilizzeranno sempre determinati codici per poter esprimere significati precisi, difficili da travisare.
Ciò è dovuto al tuo modo di guardare quel che ti sta attorno.
Per ogni elemento visivo puoi infatti ricavare uno o più significati.
Vero: ci saranno situazioni in cui l’inesperienza ti rallenterà, ma difficilmente sarai disorientato (a meno che di non essere in un ambiente totalmente alieno). Oppure, ti troverai di fronte all’ultimo film dei supereroi, che troverai originale nonostante immagini già come andrà a finire.
L’importanza del contesto tra moda e pubblicità
Finora in questo discorso è mancato un concetto molto importante: quello di contesto.
Il contesto è infatti ciò che da senso e significato alla visualità, giustificando le nostre aspettative, permettendo ai creativi di non farsi guidare dal caso, e dandoti la possibilità di vivere e capire le rappresentazioni che hai di fronte.
Era il contesto, nell’Ottocento, a suggerire il pallore come simbolo di appartenenza alle classi più nobili.
Ed era sempre il contesto, dopo secoli, a parlare una lingua diversa, identificando gli strati popolari più umili non più col contadino, ma con l’operaio, bianco perché rinchiuso in fabbrica. Coco Chanel tornava abbronzata dalle vacanze? Il colorito dettava una nuova moda tra chi voleva ostentare un certo status sociale: essere ricchi.
L’arte ascolta sempre ciò che le sta attorno, rielaborando culture e idee con la straordinaria capacità di creare qualcosa di nuovo anche quando si crede d’aver già visto tutto.
Soprattutto tramite il visual design poi, anche il mercato propone nuovi trend, che a loro volta costituiranno un modello a cui ispirarsi, che sarà infine sostituito, rielaborato e riproposto in forme inedite.
Lo sa bene chi fa pubblicità, sfruttando usi e linguaggi per catturare l’attenzione sempre più labile dei consumatori.
Me ne frego delle convenzioni!
Il marketing ovviamente, applica i linguaggi visivi per parlare ai propri destinatari con la miglior voce possibile. Sfrutta quindi le informazioni sui differenti pubblici, eterogenei e competenti, e li raggiunge.
Gli strumenti digitali in questo senso, danno un’ottima opportunità per colpire esattamente le diverse tribù del mercato, quei modi in cui le persone amano identificarsi. Una comunicazione così precisa e potente da solleticare anche le nicchie in cui si rifugiano gli anticonvenzionali perché, tanto per rendere pratico il discorso sui contesti, aderiscono anch’esse a un certo tipo di messaggio, fatto di codici e significati sfruttabili da chi deve vendere. Il punto perciò è che
Non puoi non comunicare. Comunichi anche quando cerchi di non dire niente e ogni tua azione è interpretata in qualche maniera.
Il protagonista della comunicazione sei tu
Comunicare consapevolmente è quindi essenziale per chi crea contenuti.
Così si muovono l’industria dell’intrattenimento, la pubblicità, l’arte: tra aspettative e consapevolezze, proponendo condizionamenti e ricercandone le conseguenze.
Nonostante tutti i messaggi, gli stimoli e le provocazioni però, il significato ultimo di ogni esperienza visiva lo darai tu. Tu che sei immerso in un contesto, che hai i tuoi valori, che aderisci o meno a determinate cause e credenze.
Tornando all’esempio cinematografico, non sei in una stanza vuota e sconfinata come Undici di Stranger Things, ma in scena assieme a migliaia di attori che recitano. Ciò non toglie però, che il protagonista della comunicazione sia tu dal momento che col tuo ruolo: ascolti, paragoni, (ri)crei e interpreti.
Letture consigliate
Critica portatile al visual design, di Riccardo Falcinelli
Design e comunicazione visiva. Contributo a una metodologia didattica, di Bruno Munari
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Sicuramente vero, ma proprio perché conosciamo questi significati e significanti, possiamo sfruttarli.
Noi siamo gli attori ultimi del nostro progetto, ma dobbiamo anche vivere il nostro tempo e ciò che questo comporta.
Moz-
Assolutamente d’accordo.
Anche perché non farlo non avrebbe senso.